“Vai, dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini.” (dal Libro di Samuele)
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Nelle tenebre
“Questa gente merita di morire, merita una morte dolorosa, una morte tormentosa, e invece eccoli là che si divertono sulla spiaggia. scrive, dopo aver visto la foto di due palestinesi che si bagnano nel mare di una spiaggia di Gaza, il signor Shlezinger, corrispondente per gli affari religiosi di Hayom, giornale israeliano di destra a grande circolazione. “Abbiamo bisogno di molta più vendetta, un fiume di sangue di gazavi.”
“Sarebbe bello” scrive Meghan Stack autrice di un articolo uscito sul NYT col titolo “Darkness is everywhere in Gaza “Sarebbe bello se il signor Shlezinger fosse una figura marginale o se gli israeliani fossero scandalizzati dalle sue fantasie sanguinose. Ma purtroppo non è così.”
https://www.nytimes.com/2024/05/16/opinion/israeli-palestine-psyche.html
L’articolo di Meghan è pieno di informazioni che definirei sconvolgenti se non fossimo abituati all’orrore: “In febbraio secondo un sondaggio la maggioranza degli israeliani si oppone all’invio di cibo e medicine a Gaza.”
Meghan Stack riferisce che alcuni musicisti rapper molto ascoltati dai giovani israeliani, invocano l’annientamento, e predicano che non ci sarà pietà per i ratti che saranno sterminati nelle loro tane.
Molti negozi espongono prodotti con su scritto: “Finish them.” La frase che Nikki Haley ha scritto su una bomba destinata a uccidere qualche bambino palestinese.
Traduzione letterale di quelle due parole: “STERMINATELI”.
Com’è possibile che Israele sia diventata questo?
Israele è stata fin dall’inizio una costruzione artificiosa che solo la violenza armata poteva sorreggere, ma solo negli ultimi anni si è pienamente trasformato in una macchina di sterminio, che dopo il 7 Ottobre ha mostrato il suo volto ripugnante, che ora tutti, ma proprio tutti guardano nel mondo con orrore.
E’ chiaro che si tratta di un collasso psicotico condiviso da un’intera popolazione, un collasso che prelude a mio parere alla disintegrazione dell’entità sionista.
Il collasso dipende certamente dall’atrocità dell’attacco del 7 Ottobre, che nella sua crudeltà ha costretto gli israeliani a comprendere che il luogo nel quale si trovano, il luogo nel quale gli europei sono riusciti a intrappolarli, con la complicità del sionismo, lungi dall’essere un luogo sicuro, è il luogo più pericoloso al mondo per gli ebrei. Una trappola, la continuazione della macchina di morte che il nazismo costruì per gli ebrei d’Europa.
Il traumatico ritorno del rimosso
Prima del 7 ottobre gli Israeliani vivevano, nella rimozione più cinica, in una zona di interesse simile a quella di cui racconta Jonathan Glazer nel suo film sul quartiere di fronte al campo di Auschwitz, abitato dai gerarchi nazisti e dalle loro famiglie.
Poi viene il trauma del 7 ottobre, che si può definire tecnicamente come un pogrom, ma che è anche un atto di guerra di potenza simbolica gigantesca, come fu l’11 settembre.
A Manhattan, quel giorno, si impose la consapevolezza (fino a quel momento rimossa) che l’occidente ha i giorni contati, perché la superiorità tecnica su cui si è fondata la supremazia bianca sta finendo, e diciannove ragazzi islamici fanatizzati possono imparare a guidare un aereo e abbattere grattacieli.
Dopo il 7 ottobre il suprematismo bianco e sionista si trova ad affrontare un mondo assetato di vendetta diventato ingovernabile.
La supremazia bianca ha i giorni contati perché il mondo dominato ha acquisito gli strumenti tecnici per portare l’attacco alla metropoli, e perché il velo della rimozione ora è squarciato. Per sempre.
La questione palestinese è la cartina di tornasole di questo rovesciamento dei rapporti di forza a livello planetario. Guardate la carta geografica: quali sono i paesi che riconoscono lo stato palestinese e quali i paesi che non lo riconoscono. E avrete una prova del fatto che i bianco-sionisti sono una minoranza circondata. Gli assediati sono iper-armati, e quella militare è la sola superiorità che gli rimane. Ma non durerà in eterno, ma la guerra in Ucraina la sta rompendo in maniera definitiva.
Il ritorno del rimosso è traumatico: per tornare alla (tenebrosa) luce il rimosso produce una violenza pari alla violenza subita.
Perciò dopo il 7 ottobre Israele ha reagito in modo pericoloso per tutti coloro che le stanno intorno, ma letale per lei.
Proviamo a immaginare lungo quali linee si svolgerà il conflitto interno a Israele.
Ostaggio dei razzisti della destra fascista di governo, Netanyahu dovrà rendere conto, oltre che delle sue personali malversazioni, delle sue responsabilità nella tragedia del 7 ottobre, e nel genocidio che ha trasformato Israele in un mostro.
Dovrà rispondere della sua scelta di usare Hamas contro l’unità palestinese, poi di ignorare l’esistenza del Grande Rimosso di Gaza per concentrarsi sui fatti suoi, infine di avere avviato una guerra che fu persa fin dal momento in cui disse che il suo scopo era eliminare Hamas.
Non so niente delle condizioni militari in cui versa Hamas, e non dubito che sia stato indebolito (suppongo che ogni cento civili uccisi almeno uno sarà stato miliziano di Hamas). Ma il numero di persone che attendono di arruolarsi in Hamas per vendicare la morte della mamma o del cugino è sicuramente dieci volte più grande del numero dei caduti.
Temo che il conflitto interno a Israele non sarà solamente politico. Nei giorni successivi al 7 ottobre il governo israeliano ha distribuito armi ai cittadini per autodifesa. Quelle armi serviranno alla guerra civile che potrebbe presto insanguinare Israele, quando la crisi psicotica sarà seguita da un crollo depressivo e dall’orrore di sé.
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Ma chi è questo Amalek?
In uno dei suoi discorsi Netanyahu ha citato Amalek, un personaggio biblico che ricorre nelle canzoni dei rapper nazi-sionisti, ma anche nei deliri neobiblici che circolano nel discorso pubblico israeliano.
Ma chi è questo Amalek?
Quando gli Ebrei si liberarono dalla schiavitù che per generazioni avevano subito in Egitto, e si diressero verso la terra promessa, furono aggrediti da una tribù che si era stabilita in loro assenza nel deserto del Negev, gli amalechiti.
Amalek era nipote di Esaù, acerrimo nemico di suo fratello Giacobbe per volgari questioni di eredità. Inoltre era il capo, il patriarca, il satanasso che guidava quella tribù.
Ne parla la Bibbia, quel libro spaventoso che da sempre contribuisce a modellare la mente occidentale secondo gli stilemi di un’ossessione omicida.
Il mitologema di Amalek rimane da sempre sullo sfondo della storia ebraica, proiezione immaginaria che si incarna nella persona dei persecutori del popolo ebreo, dall’imperatore Tito al generale polacco Chmielnitzki, fino a Hitler e fino a Sidwar, capo della milizia di Hamas.
Nominare Amalek è pericoloso, e non si dovrebbe farlo a cuor leggero. Scrive in proposito Riccardo Paredi, studioso dell’American University di Beirut:
“Nella storia di Amalek salta subito all’occhio un primo aspetto veramente unico. Come si legge anche nel passaggio citato da Netanyahu, la Bibbia ebraica ordina per due volte agli Israeliti di “cancellare” la memoria (zekher) di Amalek. Il tropo biblico di “ricordare” – soprattutto di passare un insegnamento divino di generazione in generazione – è ben noto (l’imperativo zachor appare 169 volte nella Bibbia ebraica). Ed è un ricordare paradossale. Con un simile comando, «l’incongruenza è inevitabile»: non dimenticare di cancellare la memoria del tuo nemico. Ricordati di dimenticare. Ma come dimenticare qualcosa che è stato ordinato di ricordare? E come mai Dio garantisce di cancellare la memoria di Amalek, mentre Mosè parla di un Dio che combatterà Amalek di generazione in generazione?” (Riccardo Paredi: Ricordati di scordare. Amalek o la necessità di passare dal mito al mite).”
Lo Stato di Israele fu fondato fin dall’inizio sull’ossessione vendicativa della memoria. Naturalmente lo stesso si potrebbe dire di qualsiasi stato nazionale, perché le Nazioni nascono sempre da una deformazione ossessiva della memoria, ma nel caso di Israele l’ossessione biblica dello zekher si è saldato in maniera psicotica con l’elaborazione del trauma dell’Olocausto.
Nel 2018 lo stato laico di Israele si è trasformato nello “stato degli ebrei”: nazionalismo e fondamentalismo divengono forza di governo, a compimento della lenta trasformazione socio-culturale della popolazione israeliana: fin dagli anni Novanta gli intellettuali, gli studenti, le persone orientate in senso laico o socialista abbandonarono il paese, per essere sostituite da una massa che proveniva dai paesi del blocco sovietico in disfacimento, e che aveva lo scopo di occupare terra, senza porsi i problemi di coscienza che avevano accompagnato gli ebrei provenienti dall’Europa nella prima parte del secolo. Inoltre i fanatici mettono al mondo molti figli, mentre coloro che non sono ossessionati dall’identità ne mettono al mondo pochi. Ecco perché Israele, stato costitutivamente coloniale si è trasformato nel mostro nazistoide che tutto il mondo ha visto in azione negli ultimi mesi.
Netanyahu è il prodotto di questa mutazione, e al tempo stesso è l’espressione più chiara del cinismo che nasce dalla fusione del colonialismo razzista con il fondamentalismo religioso. Su questo sfondo si deve comprendere il linguaggio con cui Netanyahu ha gettato benzina sul fuoco del 7 ottobre, consapevole del fatto che esasperando la guerra avrebbe potuto rimandare il momento della resa dei conti di fronte ai giudici e di fronte al mondo.
Scrive ancora Riccardo Paredi:
“Interpretando il comando divino in modo letterale e fondamentalista, come fa Netanyahu, la «cancellazione della memoria di Amalek da sotto il cielo», pena la propria sconfitta, è un obbligo divino. In termini moderni, Dio comanda di compiere un genocidio.”
Poiché lo stato di Israele nasce sulla ipertrofia della memoria, non può che riconoscere nell’altro sempre la figura di Amalek.
Chiunque disapprovi l’operato dello stato di Israele è Amalek, cioè nemico degli ebrei.
“Amalek odia gli ebrei, e, se è abile, trasforma l’odio in semplice disapprovazione, in critica politica, culturale o religiosa. L’odio si traveste da pacifismo, da difesa dei diritti umani, da neutralità. Diventa un circuito chiuso.” (https://cabala.org/articoli/amalek.htm)
Questa ossessione fondata trasforma i palestinesi nell’ultima incarnazione degli amalechiti. Come loro infatti, hanno approfittato dell’assenza (bimillenaria) degli ebrei per occupare una parte della loro terra.
In nome della memoria, o meglio in nome del mito, il sionismo ha preteso di sloggiare questi amalechiti, non riconoscendo la loro esistenza. Li hanno rimossi, cancellati, nascosti dietro un muro, internati in campi di concentramento, eliminati con le armi da fuoco.
Ma il 7 Ottobre il rimosso è tornato sulla scena, e adesso, qualsiasi cosa accada, non potrà essere cancellato di nuovo.
A meno di condurre il genocidio alla perfezione, eliminando fisicamente qualche milione di persone, Israele non può vincere, viste le premesse con cui il vigliacco criminale Netanyahu ha iniziato la guerra di Gaza, che non è una guerra ma uno sterminio (per il momento imperfetto).
Perciò credo che sia iniziata la fine di Israele, e questa potrà essere molto dolorosa, fino ad aprire le porte al pericolo estremo, perché Israele è il luogo più pericoloso al mondo per gli ebrei, e anche perché il mondo non dimenticherà la loro protervia disumana.
AstraZeneka, di ISTUBALZ
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Il lupo non è morto
Per difendere l’entità sionista colonialista e razzista, gli israeliani hanno compiuto un’altra infamia che forse sarà per loro la più fatale. Si sono alleati con i peggiori antisemiti di sempre, razzisti cristiani della destra repubblicana d’America, fascisti europei e così via. Insieme hanno banalizzato l’accusa di antisemitismo, hanno usato quell’accusa gravissima come un’arma, come un ricatto, come un insulto da bar.
Sono giunti ad accusare di antisemitismo il giudice della Corte di Giustizia internazionale, sono giunti ad accusare di antisemitismo intellettuali ebrei che protestavano contro il genocidio.
Non avrebbero dovuto farlo perché non è prudente gridare al lupo al lupo quando il lupo non c’è.
Gli studenti che sventolano la bandiera palestinese nelle università americane non sono il lupo (molti di loro sono ebrei). Ma questo non vuol dire che i lupi siano scomparsi, e che non ricompariranno mai più.
Il lupo si è messo il vestito buono, la cravatta, si nasconde tra i repubblicani trumpisti che gridano viva Israele, si nasconde tra i fascisti italiani o spagnoli che mandano la polizia a picchiare gli studenti pro-Palestina.
Ma come recita il proverbio, il lupo perde il pelo ma non il vizio, e l’antisemitismo è destinato a riemergere prima o poi.
E’ facile prevedere che la disumanità del comportamento israeliano generi un’ondata di odio che al momento si piega nelle forme della protesta pacifica, ma domani diverrà quasi certamente nuova persecuzione degli ebrei.
Israele è la creazione di un gruppo di sionisti di scarsa lungimiranza, ma soprattutto è la creazione degli europei, che hanno colto l’occasione offerta dai sionisti per liberarsi degli ebrei. Dopo averne uccisi sei milioni, gli europei hanno poi finto di essere diventati amici degli ebrei, e li hanno vomitati fuori dall’Europa.
Vomitati non è un’espressione mia, ma di Amos Oz.
“Ci si può forse consolare con il fatto che, seppure gli arabi non ci desiderano qui, i popoli d’Europa d’altro canto, non hanno la benché minima voglia di vederci tornare a popolare da capo l’Europa. E il potere degli europei è comunque più forte di quello degli arabi, pertanto c’è qualche probabilità che comunque ci lascino qui, che costringano gli arabi a digerire quel che ‘Europa cerca di vomitare.” (Storia di amore e di tenebra, pag. 402).
Li hanno dunque vomitati fuori e spediti in un deserto irto di pericoli. Gli ebrei vomitati fuori dagli europei sono serviti come avamposto occidentale nella regione che da decenni fornisce petrolio a tutto il mondo. Ma l’odio suscitato da Israele con questa estroversione del trauma subito potrebbe alimentare un’ondata di antisemitismo vero, e allora il gioco potrebbe cambiare, e i fascisti europei, i trumpisti americani potrebbero stancarsi di dover difendere quegli ebrei che non hanno mai smesso di odiare.
E allora sarà inutile gridare “al lupo al lupo”.