Il Disertore è gratis
Non c’è bisogno di pagare, IL DISERTORE è gratis. Come potrebbe essere altrimenti?
Ricevo da SUBSTACK l’informazione che un certo numero di persone hanno preso l’impegno di pagare una certa somma come sottoscrizione non appena avrò attivato la funzione che permette di fare versamenti in denaro. Qualche amico mi ha scritto chiedendomi informazioni su come effettuare il pagamento.
Perciò sono costretto a fare un’imbarazzante precisazione: per IL DISERTORE non si paga niente. Non è attivata la funzione che abilita il pagamento, né ho intenzione di attivarla in un prevedibile futuro.
(immagine elaborata da Max Geraci)
Un po’ avventatamente mi sono avventurato nei meandri di questa piattaforma SUBSTACK, senza tanto conoscerne le regole.
Perché l’ho fatto?
Per disperazione, ho detto nel messaggio di avvio di questo blog.
Per condividere la disperazione e se possibile trasformarla in comprensione, condivisione, e forse in diserzione organizzata dal regno della tristezza e dalla catena demente della vendetta, dell’odio e della guerra. Diserzione dalla His-tory.
C’è un’altra ragione che mi ha convinto ad avviare questo spazio di diserzione, e voglio spiegarla.
Negli ultimi venti anni ho svolto con una certa continuità un’attività di conferenziere, o di agitatore, o chiamatela come vi pare.
Con una certa frequenza ricevevo inviti a parlare in pubblico da parte di centri sociali, collettivi universitari, librerie, musei, gallerie.
Se si trattava di istituzioni private o pubbliche chiedevo che mi pagassero il viaggio e l’alloggio, e un compenso di cinquecento mille euro (talvolta anche più).
Se si trattava di collettivi o centri sociali non chiedevo niente.
Prendevo il treno o l’aereo, andavo, parlavo e facevo nuove amicizie.
Parlavo di movimenti passati, di tecnologia e di comunicazione, di poesia, presentavo dei libri.
Dopo l’uscita del libro DISERTATE (edizione Timeo), ho fatto una ventina di presentazioni da Macerata a Torino a Firenze a Bologna a Roma, a Genova. Mi è servito per capire meglio quel che già mi sembrava di avere intuito, e cioè che sulla scena culturale è emersa una generazione post-Covid che non si pone più le stesse domande che ci si poneva nei cinquant’anni precedenti. Una generazione culturale per cui non hanno più senso le parole della tradizione politica moderna, e che non nutre più molte illusioni nella Storia come dimensione esistenziale. Una generazione che abbandona la scena della storia e della politica per riconoscersi come alterità psichica, estetica, antropologica.
La Storia, quella che pretende di contenere in sé tutte le derive esistenziali, ha rivelato di essere un luogo di ripetizione dell’identico, un luogo di violenza di vendetta e di dolore.
C’è una dimensione esistenziale che sfugga alla storia?
C’è una Her-story che ci permetta di uscire dalla His-story?
Si può disertare la guerra, il lavoro salariato, il consumo compulsivo?
Questa è la domanda centrale che mi pongo, e su cui vado ragionando.
Negli ultimi tempi quell’attività che ho svolto per decenni si è fatta sempre più difficile, perché sono fisicamente stanco e anche un po’ malato.
A chi mi chiede come stai dico che non ho nessuna patologia terminale, ma in compenso le altre ce le ho tutte. Ma a parte gli scherzi lugubri (quelli che mi divertono di più), mi sono reso conto che la mia carriera di agitatore è finita.
Mi dispiace, lo confesso. Ma è inutile insistere, l’asma mi ha rovinato la gola e le corde vocali, sono sordo come una campana, il diaframma mi duole penosamente dopo ogni sforzo oratorio.
Negli ultimi mesi ho dovuto rinunciare a qualche viaggio, a qualche incontro, poi ho pensato che è meglio dichiarare come stanno le cose. A questo punto mi è venuta in mente l’idea di continuare quell’attività con altri mezzi.
Scrivere non è per me un’attività nuova, ma ora intendo scrivere in maniera più spontanea, senza pretese di dire la verità (che non conosco) né di dare informazioni (non sono un giornalista).
Scrivere senza la pretesa di convincere nessuno, però sempre cercando di seguire un filo, quello della diserzione, nel groviglio degli eventi politici, delle tendenze culturali, dei libri che leggo e dei film che mi fanno riflettere.
Per fare questo non ho bisogno di un compenso, piuttosto vi ringrazio di concedermi un po’ del vostro tempo.
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“La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C'è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s'incontra l'ectoplasma
d'uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.”
(Eugenio Montale: La storia)