Moshe Feiglin, del partito di Netanjahu, ha dichiarato che non si deve fermare il genocidio fin quando un solo palestinese rimarrà in vita.
Qualcuno potrà obiettare che costui è uno squilibrato e non rappresenta il popolo israeliano. Che si tratti di uno squilibrato non c’è dubbio, ma purtroppo la maggioranza degli israeliani sono squilibrati come lui, e pensano quello che dice lui, anche se non tutti lo dicono. La condizione di colonizzatori, l’abitudine a discriminare milioni di donne e di uomini che vivono a pochi passi da casa tua, il cinismo da zona di interesse in cui gli israeliani hanno vissuto per decenni sono le cause di questo squilibrio mentale.
Il 7 Ottobre ha provocato l’esplodere della follia omicida: crudeltà e orrore non si possono più relegare in uno spazio marginale: hanno preso il posto centrale della storia. La ragionevolezza e i sentimenti umani sono un residuo che solo i disertori possono coltivare.
Con l’arrivo della stagione calda a Gaza, il problema della penuria di acqua sta assumendo contorni catastrofici. Israele ha chiuso con il calcestruzzo deliberatamente centinaia di pozzi d’acqua e distrutto le unità di potabilizzazione nel nord della striscia. A Jebalia sono stati registrati i primi morti per sete tra i bambini e anziani. Neppure i nazisti fecero uso della fame e della sete come arma di guerra contro la popolazione civile. Si tratta di un crimine secondo le norme internazionali: un crimine orrendo, un crudele sterminio di massa scientificamente studiato e premeditato.
Ma ora, dopo otto mesi di genocidio credo che Israele stia per precipitare in un caos sanguinoso di guerra civile e di violenza suicida, perché quel popolo non è più in grado di ragionare.
Il Jerusalem Post ha pubblicato il 17 giugno un articolo in cui si dice esplicitamente che la guerra di Netanjahu è persa, perché non è possibile eliminare Hamas: essendo il prodotto (simmetricamente folle e crudele) della violenza e dell’odio, Hamas cresce ogni giorno che passa.
E Thomas Friedman, editorialista filo-israeliano, ha scritto il 18 giugno sul New York Times: “Israele che conoscevamo non esiste più… Israele di oggi si trova in un pericolo esistenziale.”
(https://www.nytimes.com/2024/06/18/opinion/netanyahu-gaza-congress.html)
Non sono uno stratega ma suppongo che la vera guerra per Israele debba ancora cominciare. Finora si è trattato di un genocidio, di un atto unilaterale di sterminio, simile a quelli che le truppe di Hitler conducevano contro la popolazione ebrea indifesa.
Finora le truppe di Hezbollah sono rimaste a guardare.
Ancora Friedman scrive al proposito: “A differenza di Hamas, Hezbollah dispone di missili di precisione che possono distruggere interi settori dell’infrastruttura di Israele, i suoi aeroporti le sue università le sue basi militari e le centrali di energia.”
Di conseguenza è probabile che nel prossimo futuro assisteremo all’attacco che spingerà Israele nell’abisso in cui merita di sprofondare.
Friedman conclude il suo articolo con l’invito a riconoscere che Hamas ha vinto la guerra, e aggiunge:
“Sento le critiche dei falchi che mi dicono: Friedman, vuoi permettere a Yahya Sinwar di venire fuori dal suo tunnel e dichiarare la vittoria? Io rispondo: sì, proprio così. Ma poi vorrei partecipare alla conferenza stampa di Sinwar e gli chiederei: “Caro Sinwar, stai dicendo che questa è una grande vittoria per Hamas: un ritiro totale di Israele e uno stabile cessate il fuoco. Ma vorrei sapere cosa c’era a Gaza il 6 ottobre se non un ritiro totale di Israele e uno stabile cessate il fuoco? Come puoi spiegare ai cittadini di Gaza che hai provocato otto mesi di guerra con la distruzione del 70% degli edifici di Gaza, 37000 morti, molti dei quali donne e bambini, per ritrovarti esattamente nel punto in cui eri il 6 ottobre?”
Quel che dice Friedman è vero, tranne l’ultima frase.
L’enorme prezzo che i palestinesi hanno pagato non è servito, a mio parere, a migliorare la vita dei palestinesi, ma solo a peggiorarla, e fin qui siamo d’accordo.
Però ha ottenuto un risultato che otto mesi fa era inimmaginabile: ha avviato Israele verso la sconfitta, verso il più infamante disonore, verso l’isolamento internazionale e verso la guerra civile e la dissoluzione.
A un prezzo spaventoso la vendetta di Hamas è consumata.
Ma fin qui siamo solo alla premessa; quale scenario si apre dopo questa disfatta di Israele, dopo l’immane crudeltà inferta e subita da Hamas e dalla popolazione di Gaza?
Presto scopriremo che in quel piccolo luogo del mondo si è svolta l’anteprima della guerra che dovunque si prepara.
Il popolo di Israele, razzista, colonialista, super-armato e senescente, è l’avamposto dell’occidente.
E il popolo di Palestina, incrudelito da decenni di violenza e di umiliazione, è l’avamposto del mondo colonizzato che si prepara alla vendetta.
Ogni giorno alla frontiera tra il sud e il nord del mondo si svolge un genocidio di proporzioni immani.
La guardia costiera greca che getta in mare migranti africani o afghani, i governanti italiani che impediscono i salvataggi in mare e consegnano migranti in fuga alla guardia costiera libica sono i guardiani di una fortezza assediata: miserabili bianchi che hanno perduto ogni senso di umanità perché percepiscono l’approssimarsi di una resa dei conti il cui unico linguaggio sarà la crudeltà e l’orrore.