“Vogliamo solo un poco di ordine per proteggerci dal Caos. Nulla è più doloroso di un pensiero che sfugge a se stesso, idee che volano via, che scompaiono appena formate, già erose dalla dimenticanza o precipitate entro altre che non ricordiamo più. Si tratta di infinite variabilità, la cui apparizione e scomparsa coincidono ... Chiediamo soltanto che le nostre idee siano legate insieme secondo un minimo di regole costanti.” (Deleuze Guattari: Cos’è la filosofia? Caos e cervello).
Nel 1919 Sandor Ferenczi disse che la psicoanalisi non possedeva gli strumenti per comprendere e curare una psicosi di massa. Neppure la politica possedeva quegli strumenti, e lo stesso possiamo dire oggi, cento anni dopo.
Cosa accadde dopo il 1919 lo sappiamo. Cosa accadrà nei prossimi anni possiamo solamente immaginarlo. Ma gli strumenti concettuali e terapeutici sembrano mancare oggi ancora più che un secolo fa.
ISTUBALZ: Fragile
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Ma cosa vuol dire “psicosi di massa”? La citazione di Deleuze e Guattari ci avvicina a comprendere il senso della parola psicosi: quando il pensiero sfugge a se stesso, quando l’azione non è più riconducibile a un’elaborazione mentale coerente. Quando tutto si mette ad andare troppo veloce perché possiamo comprendere e guidare l’azione in maniera coerente.
Deleuze e Guattari collegano questa condizione alla vecchiezza, nella quale perdiamo la capacità di elaborare nel tempo stimoli neuro-informativi che vanno troppo veloci per il nostro cervello rallentato dalla senilità.
In un certo senso l’accelerazione elettronica contemporanea degli stimoli info-neurali produce un effetto di senescenza generalizzata della mente.
La generazione che è cresciuta in un ambiente nel quale la stimolazione info-neurale è iper-veloce, sta sviluppando certamente capacità di elaborazione più rapida dello stimolo che proviene dall’ambiente elettronico connettivo. Ma una modalità di elaborazione rapida consiste proprio nell’eliminazione di ciò che rallenta: l’emozione e la razionalizzazione. L’empatia e l’interpretazione coerente dello stimolo.
L’atto tende così a diventare privo di spessore emotivo e privo di motivazione razionale.
Nel nostro tempo due fenomeni convergono: l’invecchiamento della popolazione (con l’effetto di confusione mentale di cui l’Alzheimer non è che la manifestazione estrema) e l’emergere di una popolazione giovane cui è stata tolta la possibilità di elaborare nel tempo l’emozione e le conseguenze dell’azione.
Se è vero che sempre più spesso i comportamenti politici della maggioranza sono inspiegabili con le categorie della politica moderna (pensiamo a un fenomeno come il trumpismo, l’entusiastico appoggio di una popolazione di mentecatti a un idiota aggressivo incapace di connettere ragionamenti sensati ma perfettamente capace di eccitare sentimenti di frustrazione dirigendoli verso scopi immaginari), anche la psicologia sembra inadatta a spiegare quel che accade alla mente e al comportamento contemporanei.
ISTUBALZ: accelerazione
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Accadono sempre più spesso episodi che la scienza psicologica non è in grado di spiegare con i suoi strumenti concettuali. Pensiamo agli episodi (sempre più frequenti) di violenza distruttiva compiuti da giovanissimi. Particolarmente significativo il caso avvenuto a Paderno Dugnano nel settembre del 2024: un triplice omicidio compiuto in pochi minuti da parte di un ragazzo che tutti descrivono come normale. Il ragazzo, di diciassette anni, ha ucciso con un coltello da cucina prima il fratello poi la madre e il padre, in rapida successione.
Non c’è da parte sua nessuna spiegazione delle motivazioni.
Non ci sono motivazioni.
L’ha fatto perché si è ritrovato nel pieno di un’azione che non corrispondeva a un’ideazione.
Se si cerca una spiegazione di tipo psicologico per eventi di questo genere, forse la psicologia non ci dice molto. Sono ragazzi normali, anche troppo, ammesso che questa espressione significhi qualcosa (non significa niente, lo so, ma tutti ripetono questa frase).
Avanzo l’ipotesi che il problema non sia psicologico, ma piuttosto cognitivo. Sempre più spesso assistiamo ad atti che non sono spiegabili con le categorie di cui dispone la psicologia, o la psicoanalisi o la psichiatria, insomma tutte quelle discipline che si occupano del comportamento psichico.
Credo che la ragione consista nel fatto che le categorie con cui descriviamo il funzionamento della mente umana non corrispondono più alla realtà della mente formata in un ambiente tecnicamente mutato.
Le modalità cognitive (percezione, verbalizzazione, ideazione, attuazione) hanno subito una mutazione, ed è questa mutazione che va analizzata.
La psicologia in generale e in particolare la psicoanalisi si riferiscono al quadro cognitivo in cui l’ideazione precede l’atto e in qualche modo lo motiva. Perciò, per spiegare un comportamento siamo abituati a interpretare le motivazioni consce e quelle inconsce, i ragionamenti e le emozioni.
Ma questa spiegazione non funziona più: l’atto non è più necessariamente preceduto dall’ideazione, e probabilmente il concetto di ideazione e di motivazione non corrispondono più a nulla.
Il modello cognitivo che interagiva con un ambiente tecno-semiotico di tipo sequenziale è stato sostituito nelle generazioni ultime da un ambiente tecno-semiotico istantaneo, simultaneo.
Nell’ambiente comunicativo alfabetico, nell’ambito della famiglia tradizionale, della vita di villaggio o della vita socializzata nella città, il bambino apprendeva il linguaggio dalla voce della madre, o comunque di un parlante umano. Di conseguenza la disposizione cognitiva si manifestava attraverso una successione di stimolo e risposta, di ideazione e attuazione.
Ma quando al sequenziale alfabetico succede il simultaneo elettronico, allora la velocità dello stimolo info-neurale taglia i tempi per l’elaborazione ideativa dell’atto. In un video game non c’è il tempo di pensare, ma solo di reagire istantaneamente allo stimolo.
Inoltre, quando all’apprendimento materno del linguaggio succede l’apprendimento omologato da un dispositivo tecno-linguistico de-realizzante, il linguaggio non ha più carattere di singolarità affettiva, e l’atto tende a perdere coscienza delle sue conseguenze fisiche. In un video game gli omini verdi che elimini spingendo il pulsante sono un’entità incorporea, non muoiono mai, o se muoiono è solo per un attimo, poi si rialzano e riprendono ad agitarsi sullo schermo.
Queste due riconfigurazioni del rapporto tra ideazione ed esecuzione hanno modificato in maniera così radicale il funzionamento cognitivo che i comportamenti dei nostri simili (simili fino a un certo punto) tendono ad apparirci sempre più inspiegabili.
Quel che ci occorre è una comprensione della mutazione cognitiva che ha finito per strutturare un modello psico-cognitivo incompatibile con i modelli di cui dispone la scienza psicologica.
E’ emersa una generazione che ha acquisito più parole da una macchina che dalla voce di un essere umano, e che ha acquisito le sue competenze cognitive in un ambiente in cui l’azione è priva di conseguenze fisiche.
Dobbiamo ipotizzare che questa generazione abbia perduto la capacità di percepire in modo profondo l’effetto fisico di un’azione che non si svolge sullo schermo ma in cucina e nella camera da letto, oppure in una scuola, come nel caso del ragazzino di Wilder che ha sparato ai suoi compagni ammazzando due studenti e due professori.
C’è tutta una nuova fenomenologia dell’atto psicologicamente inspiegabile.
Nel 2023 negli Usa ci sono stati trentotto casi di sparatoria nelle scuole, per tacere delle centinaia di sparatorie con stragi che si sono svolte in altri ambienti della vita quotidiana, senza motivazione.
Direi che stiamo assistendo agli effetti della contrazione del tempo mentale di elaborazione (istantaneità stimolo risposta), e agli effetti della desensibilizzazione alle conseguenze fisiche (virtualità dell’esperienza percepita). Queste due riconfigurazioni della percezione-proiezione del reale riconfigurano la stessa proiezione mentale dell’atto.
Il tempo necessario per l’elaborazione mentale è venuto meno, e l’esecuzione dell’atto è schiacciata sull’istante. Al tempo stesso viene meno la profondità che rende percepibile l’effetto fisico ed emozionale di un atto istantaneo che la mente registra come virtuale.
Cortile del MANU (Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria) Perugia
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